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ISSN: 2283-303X

L'io nella rete. Unità e divisione dell'essere nell'epoca di Internet


Pubblicato anche a stampa, in "IBC. Informazioni commenti inchieste sui beni culturali", VI (1998), n. 2, p. 30-31.
di Michele Santoro (in linea da aprile 1999)

Sono in molti a ritenere che le nuove tecnologie, con la loro dirompente e inarrestabile presenza, stiano determinando un cambiamento complessivo, una trasformazione che incide in profondità su tutti gli aspetti della realtà umana e sociale: l'impatto dei computer e delle reti telematiche sembra avere profonde ripercussioni sulla sfera emotiva degli individui, non solo provocando una gamma di reazioni che vanno dall'accettazione entusiastica al totale rifiuto, ma conducendo a veri e propri mutamenti nella vita psichica, a una destrutturazione della personalità in cui si smarrisce la tradizionale unità dell'io, il suo accentarsi intorno a un ben definito asse psicologico e comportamentale per disperdersi in una pluralità di frammenti instabili e irrelati.

In realtà non è soltanto nell'odierna dimensione tecnologica che il tradizionale paradigma unitario appare insidiato dall'emergere di fenomeni che conducono a una visione multipla e frazionata della personalità: il discorso infatti, come mostra il fondamentale studio di Henry Ellenberger, ha radici antichissime, anche se è solo nella seconda metà dell'Ottocento che la tradizionale idea di un io stabile e accentrato conosce una crisi profonda e irreversibile.

In particolare è la Francia è il paese in cui vengono alla ribalta una serie di nuove teorie che intaccano alla base la convinzione dell'unità dell'essere: molto studiati, anche in seguito alla fondazione delle scuole psichiatriche di Nancy e della Salpêtrière, sono infatti i casi di sdoppiamento della personalità, di personalità multiple o alternanti, di quei fenomeni di dipsichismo o polipsichismo nei quali alla personalità dominante possono sovrapporsi una o più personalità secondarie. Al paradigma unitario, da secoli prevalente nella concezione antropologica europea, viene così ad affiancarsi un modello che postula una molteplicità di io conviventi o alternantisi dell'individuo. E' un'immagine della personalità a cui danno rilievo e spessore gli apporti della psicologia positivista, in particolare di Stuart Mill e di Taine; o i contributi di uno scrittore come Paul Bourget, che nei suoi romanzi volgarizza la nuova dottrina della pluralità dell'io; o ancora la riflessione del ginevrino Henri-Frédéric Amiel, il quale nel suo Journal intime perviene a singolari anticipazioni di quelle che saranno le scoperte della psicoanalisi. Questo complesso movimento d'idee passa naturalmente nella grande letteratura fra Otto e Novecento, a partire dai mutabili e frammentati eroi dannunziani per arrivare alle psicologie parcellizzate e asostanziali che caratterizzano i personaggi dei Proust, dei Musil, dei Pirandello: una letteratura che nasce, per dirla con Claudio Magris, dalla frantumazione di ogni totalità e dalla consapevolezza del soggetto che "la sua sorte è quella di disperdersi e di disseminarsi nel fluire delle cose".

L'idea di un io non unitario viene poi fatta propria dalla teoria freudiana e codificata nei due modelli di personalità elaborati dal padre della psicoanalisi: difatti, all'iniziale dualismo inconscio/coscienza, Freud sostituisce un modello che postula tre istanze compresenti nell'individuo, l'Io, l'Es e il Super-Io, la cui reciproca interazione è alla base dell'equilibrio interiore delle persone e determina la comparsa di situazioni nevrotiche o angosciose. La ripartizione operata da Freud non solo verrà assorbita - con varietà di accenti e posizioni - dai suoi seguaci e continuatori, ma ben presto varcherà i confini della psicoanalisi per confluire nel patrimonio culturale dell'Occidente, penetrando in tutti gli ambiti della vita sociale e contribuendo a definire un'immagine della personalità frammentata e conflittuale.

La dialettica unità/divisione giunge fino all'epoca attuale, dominata dalla tecnologia elettronica e in particolare dal computer, uno strumento così potente, versatile e diffuso da caratterizzare in maniera decisiva la nostra contemporaneità. E' il computer, ad esempio, che fornisce le principali metafore con cui l'uomo interpreta se stesso e il proprio rapporto con il reale: e attraverso tali metafore, sembra a volte emergere una visione dell'io formulata in termini meccanici, come se l'essere fosse un sistema informatico al cui interno avvengono processi simili a quelli che hanno luogo in un computer. Su questo versante si sono indirizzate da tempo le indagini di Sherry Turkle, la studiosa americana che, sulla scorta dei condizionamenti imposti dai computer e dalle reti telematiche, è giunta a individuare un'idea dell'io concepita in termini di divisione e di molteplicità.

Fra i numerosi problemi investigati dalla Turkle, di grande interesse sono le riflessioni sulla struttura psichica sviluppate nei tardi anni `70 da alcuni giovani programmatori e studenti di scienze cognitive statunitensi: partendo dall'idea - propria di alcuni settori dell'Intelligenza Artificiale - che il cervello sia un computer, e utilizzando la terminologia informatica, questi specialisti hanno dato vita a una visione dell'io assolutamente meccanica, destrutturata e scissa in una pluralità di elementi. Un caso esemplare è quello di Mark, uno studente del Massachussetts Institute of Technology che ha elaborato un modello psichico "multiprocessore", composto cioè di una quantità di piccoli computer contenenti dei programmi ancora più piccoli in grado di elaborare ciascuno un solo pensiero. I singoli processori elaborano i diversi stati di coscienza, ma essi non sono altro che "osservatori passivi", privi di qualsiasi autonomia: ne consegue che in questo apparato interiore non esiste un centro decisionale cosciente, e del tutto illusoria è l'impressione di poter prendere decisioni consapevoli: nel modello di Mark, scrive la Turkle, "uno dei processori, stupido come gli altri, si è arrogato il ruolo `apparente' di coscienza. Non ha potere di decisione. `Potrebbe essere una stampante, collegata al computer. I messaggi più forti degli altri verrebbero soltanto stampati'. La coscienza è un epifenomeno".

Si tratta di un modello che, con tutta evidenza, dissolve insieme alla nozione unitaria dell'io anche i concetti di creatività, di responsabilità individuale e di libero arbitrio; e tuttavia esso sembra aver goduto di un'ampia diffusione negli ambienti i scientifici e tecnologici, venendo ad incarnare una visione della mente intesa come aggregato di "agenti stupidi" che condizionano in maniera accidentale il pensiero e il comportamento.

Ma se questa visione plurima e asostanziale resta confinata ad una ristretta élite di tecnici e di specialisti, con l'avvento delle reti telematiche e di Internet l'idea di un frazionamento e di una moltiplicazione della personalità viene a investire tutti i settori della società contemporanea. Difatti, spiega la Turkle, le reti interattive non solo danno vita a "comunità virtuali" dal forte impatto emotivo, ma offrono agli utenti la possibilità di "spossessare" il proprio io e assumere nuove identità attraverso i numerosi "giochi di ruolo" presenti sulle reti stesse.

Questi giochi telematici sono noti come MUD, ossia Multi-User Dungeons, poiché traggono la loro origine dai Dungeons, giochi di ruolo di genere fantastico molto in voga fra gli anni Settanta e Ottanta. I giocatori che si collegano via Internet a un MUD sono condotti in spazio virtuale nel quale sono in grado di conversare, viaggiare, avere delle relazioni: tutto come nella vita reale dunque, salvo per il fatto che a ciascun partecipante è offerta l'opportunità di costruire nuove immagini di sé, di creare dei nuovi io, che potranno essere simili o dissimili dall'io della vita reale a seconda delle scelte effettuate dal giocatore.

L'anonimità è un altro elemento che consente qualsiasi travestimento: nei MUD è possibile - in modo del tutto anonimo - acquisire diverse identità, assumere connotazioni psicologiche particolari ed estreme, incarnarsi contemporaneamente in persone di sesso opposto, in animali, in esseri fantastici; in tal modo il mondo virtuale dei MUD si configura come un'esperienza altamente significativa, in grado di mettere alla luce una serie di aspetti inconsci e inesplorati della personalità e di rendere il soggetto consapevole della complessa molteplicità del proprio essere. E tale consapevolezza emerge chiaramente dalle dichiarazioni dei giocatori stessi: uno studente ventunenne, ad esempio, difende i personaggi violenti che ha creato nel MUD, ritenendoli parte di sé e affermando che preferisce esercitare la violenza nel mondo virtuale piuttosto che nella vita reale; una giovane lavoratrice si dice convinta di non essere "una cosa sola, ma molte cose" e che, "interpretando diversi io sul MUD", si sente più se stessa nella simulazione del gioco di quanto non lo sia nella vita reale.

"I MUD" scrive Sherry Turkle "implicano differenza, molteplicità, eterogeneità e frammentazione"; essi sono "un esempio drammatico di come la comunicazione mediata dal computer serva come luogo per la costruzione e ricostruzione dell'identità, di un'identità così fluida e multipla da forzare i limiti stessi di questa nozione". Ma in realtà, precisa l'autrice, non sono pochi i problemi posti da un'esperienza tanto coivolgente e innovativa: basti pensare all'abbassamento delle difese psicologiche che dal mondo virtuale possono trascinarsi nella vita reale; oppure agli squilibri che intervengono quando alcune situazioni favorevoli create nei MUD - solitamente di tipo sentimentale - non vengono replicate nella realtà effettiva.

Se da un lato dunque la virtualità contribuisce ad ampliare la consapevolezza del sé, dando forma alle molteplici istanze presenti nell'individuo, dall'altro lato può condurre ad una sovrapposizione a volte drammatica tra finzione e realtà; solo tenendo distinti gli eventi vissuti dentro e fuori lo schermo è allora possibile cogliere gli straordinari vantaggi di questa esperienza, che può aiutarci a comprendere la polimorfa complessità della nostra vita psichica e a ridefinire la nostra presenza nel mondo reale: "coltivando la consapevolezza di ciò che sta dietro il nostro schermo interiore" - conclude la Turkle -"potremo usare con successo questa esperienza virtuale per la nostra trasformazione personale".

Riferimenti bibliografici

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Sherry Turkle Links: <http://www.mala.bc.ca/~soules/turkle/links.htm>

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