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ISSN: 2283-303X

Il ruolo del serials librarian nell'era dei periodici elettronici


di Enrico Martellini (in linea da dicembre 1998)
pubblicato anche a stampa, in "Biblioteche oggi", XVII, n. 2 (marzo 1999), p. 10-16, col titolo Il serials librarian nell'era digitale.
L'attivazione di un nuovo abbonamento ha sempre rappresentato, per i bibliotecari addetti al settore periodici, un momento di particolare responsabilità, e si è cristallizzata nel corso del tempo in una serie di operazioni, sia antecedenti che successive rispetto all'arrivo del materiale, frutto di una lunga pratica e divenute ormai di routine. Si tratta di operazioni che investono sia il lato più strettamente tecnico della nostra professione (analisi del valore scientifico del periodico da acquistare, verifica della presenza o meno del periodico presso altre biblioteche dello stesso comprensorio laddove la politica degli acquisti sia coordinata ad un qualche livello, contatti con l'editore, ecc.) sia il lato della gestione dei fondi a disposizione delle biblioteche.

È proprio quest'ultimo aspetto che nel corso degli anni si è fatto più pressante, a causa della proporzione inversa che regola ormai in modo stabile l'andamento del costo degli abbonamenti da un lato e le disponibilità finanziarie delle biblioteche dall'altro, tanto che, come sottolinea Joseph Branin, dal 1991 i progetti relativi alla cancellazione di abbonamenti sono divenuti procedure operative standardizzate[1].

Quello dei costi è ormai divenuto un problema di straordinaria importanza per i bibliotecari: secondo alcune stime, il 90% del budget delle biblioteche se ne va in spese di abbonamento[2]. Ovviamente le cifre variano a seconda del tipo di collezione posseduta: in base al trentasettesimo Periodical price survey[3], i periodici più costosi nel 1997 sono stati quelli scientifici; in particolare le riviste di fisica, con un prezzo medio di oltre 1490 dollari per abbonamento, sono in assoluto le più care, seguite da quelle di chimica, astronomia, biologia, ecc.; all'estremo opposto stanno i periodici umanistici e di scienze sociali. E anche se osserviamo l'andamento percentuale dei prezzi dal 1993 al 1997, l'incremento più marcato si è avuto per i periodici scientifici. Inoltre, quale che sia il tipo di materiale posseduto da una biblioteca, occorre considerare, tra i costi dei periodici cartacei, anche quelli (non solo monetari, ma anche in termini di spazio e di ore-lavoro) relativi alla gestione ed all'immagazzinamento del materiale. Fra le attività più pressanti del settore periodici, infatti, ci sono la registrazione dell'arrivo dei fascicoli (più eventuali reclami), l'inventariazione, l'inserimento sullo scaffale, la distribuzione agli utenti o comunque la ricollocazione dopo la consultazione nel caso di biblioteche a scaffale aperto, la rilegatura e la magnetizzazione.

Si tratta, complessivamente, di costi ormai insostenibili, che hanno portato a massicce cancellazioni di abbonamenti ed anche all'acquisto di un minor numero di monografie. Questo problema assume poi un aspetto paradossale se si considera che le maggiori università nord-americane (ma la validità dell'esempio travalica ampiamente i confini americani), attraverso le loro biblioteche, hanno speso nel 1996 più di 368 milioni di dollari per acquistare dagli editori riviste contenenti articoli pubblicati in gran parte da studiosi che operano nelle stesse università e che sono destinati ad essere utilizzati dagli stessi studiosi: un vero e proprio circolo vizioso [4].

Inoltre, fa notare Andrew Odlyzko, gli studiosi non ricevono una remunerazione diretta per i loro articoli, che vengono ceduti agli editori al solo scopo di un'ampia diffusione presso la comunità scientifica: tra autori ed editori, insomma, si verifica un incontro tra interessi diversi ma convergenti. Con lo sviluppo dell'elettronica, però, questi interessi sembrano coincidere sempre meno; infatti, mentre nel passato il divario tra ciò che poteva fare uno studioso da solo e i vantaggi offerti da un editore era enorme, sia in termini di qualità che di costi del documento da pubblicare, con le moderne tecnologie tale divario si è del tutto annullato per quanto riguarda i costi, e si è molto ridotto per quanto riguarda la qualità [5].

A fronte di questa enorme spesa, sta un uso dei periodici non sempre elevato da parte degli utenti. In molti casi, infatti, le riviste accademiche si rivolgono per la loro stessa natura ad un target assai limitato di lettori, tanto da meritarsi la qualifica di "pubblicazioni esoteriche": secondo i dati raccolti tra il 1991 e il 1992 presso la biblioteca della State University of New York ad Albany circa l'uso della locale collezione di periodici, su 1403 titoli correnti 229 potevano essere considerati a basso uso, cioè utilizzati al massimo cinque volte in un anno, con un costo per uso di circa 198 dollari [6]. Ed è significativo che, nel piano di ristrutturazione della gestione dei periodici alla University of Massachusetts-Boston datato 1996, al primo posto stia la "cancellazione di centinaia di periodici scarsamente usati e ad alto costo per uso" [7].

Sia i bibliotecari che gli studiosi, quindi, anche se da punti di vista diversi, guardano alle pubblicazioni elettroniche in generale, ed agli e-journals in particolare, come ad un possibile mezzo per abbattere le spese, o comunque per superare questa fase di crisi.

Già nel 1995 Odlyzko (che, sarà bene ricordarlo, è un matematico degli AT&T Bell Laboratories) sottolineava come fosse possibile "archiviare tutte le pubblicazioni correnti nel campo della matematica ad un costo annuo molto inferiore a quello di un singolo abbonamento" [8], traendo da questa osservazione conclusioni piuttosto inquietanti, anche se forse un po' affrettate, sul futuro ruolo di editori e, ahinoi, bibliotecari: "se puoi avere ogni articolo sul tuo schermo ... e stamparlo sulla tua stampante laser, avrai ancora bisogno della biblioteca della tua università?" [9]; la conseguenza era dunque che i periodici che forniscono recensioni (Odlyzko cita gli esempi di Mathematical review e Zentralblatt für Mathematik und ihre Grenzgebiete), grazie anche alla possibilità di avere link ai testi primari, potrebbero prendere il posto delle biblioteche specializzate: "con l'accesso immediato a tutte le informazioni in un determinato campo, con gli strumenti di navigazione, reviews e altri aiuti, qualche dozzina di bibliotecari e studiosi presso un review journal potrebbe sostituire un migliaio di reference librarians"[10]. Lugete, o Veneres Cupidinesque, i bibliotecari, se non morti, sarebbero dunque a rischio di estinzione, una voce di bilancio che, al pari di un abbonamento non più utile, può essere tagliata. Ovviamente Odlyzko trascura il fatto che se gli autori, già oberati da didattica, ricerca, gestione, necessità di pubblicare ("publish or perish") gestissero in proprio il materiale che producono, sia attraverso la distribuzione elettronica di preprint sia pubblicando autonomamente degli e-journals, ai vantaggi ipotizzati si affiancherebbero problemi di non facile soluzione, ben individuati da Janet Fisher: la gestione degli usi secondari del materiale pubblicato sarebbe praticamente impossibile, dal momento che i prodotti che derivano dall'assemblaggio di pubblicazioni preesistenti sono possibili solo grazie all'azione di coordinamento svolta degli editori; il giudizio da parte degli studiosi sulla qualità dei testi pubblicati richiederebbe molto più tempo, dato che essi vengono valutati anche in base all'autorevolezza e alla reputazione dell'editore, dei curatori e del periodico su cui compaiono; gli standard relativi allo stile e alle citazioni bibliografiche, che esistono in primo luogo in quanto imposti dagli editori, rischierebbero di venir meno; le pubblicazioni, senza l'azione di marketing svolta dagli editori, avrebbero una diffusione molto più limitata [11]. Inoltre, i periodici di una certa importanza, soprattutto quelli scientifici, ricevono ogni anno migliaia di articoli per la pubblicazione; per poter gestire attività di questo livello è necessario un sistema amministrativo con persone impegnate a tempo pieno: un ulteriore problema per gli studiosi fai-da-te, visto che, come osserva Fytton Rowland, l'unica cosa che le nuove tecnologie non possono cambiare è la durata di una settimana, che resta impietosamente fissata in 168 ore [12].

Lo scenario futuro prospettato da Odlyzko rappresenta pertanto, per i bibliotecari, una prospettiva alquanto remota, l'immagine di "ciò che non siamo, ciò che non vogliamo". Non è infatti in quest'ottica che dobbiamo guardare ai periodici elettronici né sono questi i cambiamento che dobbiamo aspettarci: il problema non è tanto il risparmio in sé, quanto il poter fornire, a parità di costi, un servizio che sia all'altezza delle esigenze degli studiosi, senza restare sommersi dall'incremento dei prezzi e dal crescente numero di pubblicazioni, sfruttando le possibilità offerte dagli e-journals e più in generale dagli strumenti online.

Si tratta quindi di capire in che modo le nuove tecnologie potranno influire sul lavoro dei bibliotecari e sulla funzione che saranno chiamati a svolgere. Da questo punto di vista, l'avvento dell'era elettronica ha per certi aspetti agevolato il compito di chi si occupa dei periodici, fornendo la possibilità di accedere a OPAC e basi di dati in linea, di colloquiare per posta elettronica con editori ed istituti di ricerca, e di acquisire in tempo reale una serie di informazioni che avrebbero richiesto in precedenza un dispendio di energie assai maggiore; eppure è proprio dall'elettronica, e in particolare dagli e-journals, che il bibliotecario addetto ai periodici rischia di vedere messi in discussione molti dei punti fermi che fino ad oggi lo hanno guidato non solo nel lavoro quotidiano, ma anche, più in generale, nella definizione e nella percezione del proprio ruolo, fino addirittura a veder mutare la natura dell'oggetto stesso del proprio agire, i periodici. Il passaggio dalle pubblicazioni su carta a quelle elettroniche è infatti qualcosa di più di un semplice cambiamento di formato: i mutamenti che ne derivano investono il modo stesso in cui l'informazione viene creata, organizzata, immagazzinata e recuperata, con forti ripercussioni sul lavoro di chi deve garantirne la fruibilità [13]; come afferma Claire Dygert, "nessuno ha visto il proprio lavoro cambiare in maniera più radicale dei serials librarians" [14].

Come si è detto all'inizio, l'iter che porta all'attivazione dell'abbonamento ad un periodico in edizione su carta è ormai piuttosto ben definito, sia riguardo alle operazioni preliminari che alla gestione del materiale entrato, ed offre al bibliotecario una serie di rassicuranti punti di riferimento. Una volta verificato il costo dell'abbonamento, l'esistenza dei fondi necessari al pagamento, il valore scientifico del periodico, la sua congruità con le raccolte già presenti in biblioteca e con le finalità della biblioteca stessa, la presenza/assenza in altre biblioteche della stessa città o afferenti alla stessa rete, si tratta di ordinare, direttamente o tramite agenzia commissionaria, il periodico a partire dall'annata corrente (più l'eventuale completamento delle annate arretrate), di effettuare il pagamento, di prevedere le date di pubblicazione di tutti i fascicoli dell'annata e di registrarne l'arrivo, di sistemare il materiale sugli scaffali ed eventualmente di rilegarlo e magnetizzarlo, di reclamare i fascicoli che non siano pervenuti e, infine, di rinnovare l'abbonamento per l'anno successivo, ricominciando in tal modo il ciclo. Si tratta, come si vede, di operazioni che hanno a che fare con l'acquisto effettivo di materiale che entra a far parte del patrimonio della biblioteca con un proprio numero di inventario e con una propria visibilità fisica rappresentata dalla sequenza dei volumi sugli scaffali.

L'avvento del web e dei periodici elettronici che su di esso si basano (gli e-journals esistevano già da alcuni anni prima che il web facesse irruzione sulla scena mondiale, ma è soltanto grazie ad esso che è stato possibile il balzo da gigante verso le pubblicazioni elettroniche [15]) ha determinato, o comunque potrà determinare, cambiamenti a volte profondi nelle attività appena descritte.

Innanzitutto i criteri di selezione e le fonti a cui attingere le informazioni relative ai periodici elettronici pongono problemi in parte nuovi, pur nell'immutata esigenza di decidere lo sviluppo delle collezioni nell'ambito di ogni singola biblioteca, operando la scelta titolo per titolo [16]. Secondo un'indagine svolta dall'ARL, citata in un recente articolo da Cecilia Leathem [17], il 54% delle biblioteche (o, almeno, di quelle che hanno fornito risposta) dichiara di utilizzare gli stessi criteri di selezione sia per i periodici su carta che per gli e-journals, mentre il 43% ha sviluppato criteri diversi; in ogni caso è impossibile non tener conto di fattori assolutamente nuovi, quali l'esistenza di un sito stabile e di un'interfaccia amichevole, l'effettiva e costante disponibilità del full text, e una durata della pubblicazione tale da compensare tutto il lavoro che il bibliotecario ha dovuto svolgere per garantire l'accesso al periodico.

Naturalmente, quando parliamo di selezione dei periodici elettronici, occorre tener conto della fondamentale distinzione, ben illustrata da Antonella De Robbio (al cui articolo rimandiamo anche per un elenco dei repertori che possono in qualche modo guidare il bibliotecario nella scelta di questo genere di pubblicazioni) [18], tra e-journals ad accesso gratuito ed e-journals ad accesso a pagamento. Se nel secondo caso, infatti, il bibliotecario si trova di fronte alla necessità di scegliere tra risorse non liberamente disponibili, nel primo caso, essendo i periodici accessibili da parte di chiunque e da qualunque postazione, la scelta interviene solo qualora si decida di catalogare questa categoria di e-journals (o comunque di darne in qualche modo notizia).

Altri elementi di novità investono il capitolo costi, lasciando intravedere prospettive interessanti, anche se, come abbiamo visto, non sempre incoraggianti (almeno secondo alcuni) per la professione del serials librarian.

Da questo punto di vista, un primo vantaggio potrebbe derivare dalla possibilità di consorziarsi con altre biblioteche, in modo da strappare agli editori condizioni di accesso ai periodici elettronici che siano le più vantaggiose possibile, e da poter distribuire i costi relativi a tecnologia, collezioni ed esperti [19]. Ciò comporta l'adozione di una politica di cooperazione interbibliotecaria assai più spinta di quanto non sia accaduto fino ad oggi, oltre all'acquisizione da parte dei bibliotecari di un patrimonio di conoscenze tecniche approfondite anche in campo informatico, pena l'impossibilità di condurre in porto le trattative con gli editori.

Ulteriori vantaggi possono venire dalla cancellazione di abbonamenti a periodici in edizione su carta scarsamente usati e ad alto costo per uso, e più in generale da una ristrutturazione della gestione dei periodici che privilegi l'accesso rispetto al possesso, potenziando il servizio di document delivery e di interlibrary loan. Abbiamo già citato l'esperienza di ristrutturazione del servizio periodici all'University of Massachusetts-Boston, ricordando come il primo passo fosse la cancellazione di centinaia di abbonamenti scarsamente utilizzati e ad alto costo per uso: le fasi successive dell'operazione sono state "il reinvestimento di circa il 20% delle somme risparmiate in un sistema UnCover che consente agli utenti autorizzati di ordinare, da casa o dall'ufficio, ogni articolo di un periodico non posseduto dalla biblioteca e di riceverlo gratuitamente entro 24 ore", ed "il reinvestimento di un altro 10% dei risparmi in nuovi periodici e risorse in rete" [20].

Un'altra attività che può risentire positivamente dell'avvento dei periodici elettronici è quella relativa alla gestione e controllo degli arrivi e alla conservazione delle collezioni. Come abbiamo accennato, in ogni biblioteca che abbia un settore periodici di un certo rilievo, una o più persone devono dedicare buona parte del loro tempo lavorativo alla registrazione dell'arrivo dei fascicoli, alla loro collocazione sugli scaffali, alla loro rilegatura, alla distribuzione/ricollocazione, al reclamo dei numeri mancanti ed eventualmente al completamento delle collezioni. Tutte queste attività vengono a cadere con l'adozione degli e-journals: non entrando fisicamente in biblioteca, i fascicoli non dovranno più essere registrati (e/o timbrati, cartellinati, magnetizzati) al loro arrivo, né ci saranno più numeri mancanti da reclamare, né scaffali da riempire e annate da rilegare. Detta così sembra quasi la descrizione di una sorta di età dell'oro per il settore periodici, ma anche in questo caso i vantaggi offerti dagli e-journals sono controbilanciati da nuove, faticose incombenze; in particolare, sarà necessario che periodicamente la biblioteca provveda a verificare l'effettiva e costante possibilità di accedere al full text dei periodici che gestisce, e che predisponga e aggiorni le postazioni di lavoro a disposizione del pubblico.

Del resto, anche i vantaggi precedentemente esposti vengono in parte annullati da nuove spese, determinate da nuove esigenze quali le attrezzature ed il loro aggiornamento, il training per lo staff e per gli utenti, divenuto ormai indispensabile, l'archiviazione dei dati in formato elettronico, se possibile, oppure il pagamento per l'accesso alle annate arretrate di periodici (ad esempio, tramite servizi come il progetto pilota sponsorizzato dalla Mellon Foundation denominato JSTOR [21]), le licenze d'uso per le annate correnti.

In particolare questi ultimi due aspetti, strettamente legati tra loro, meritano un breve approfondimento.

Una delle funzioni di cui da sempre le biblioteche si sono fatte carico è l'archiviazione/conservazione dei documenti posseduti, in modo da poter trasmettere le conoscenze acquisite alle generazioni future. Ovviamente questo compito assume un peso diverso a seconda dei casi: nelle biblioteche di ricerca, sempre più simili a veri e propri centri di documentazione, il problema della conservazione è assai meno sentito rispetto ad altri tipi di biblioteche. Con i periodici elettronici, però, la situazione può cambiare radicalmente, e i bibliotecari rischiano di vedersi privati di questa loro storica funzione. Con il license agreement, infatti, "le biblioteche non acquistano affatto gli e-journals. Piuttosto, esse acquistano il diritto di accedere al loro contenuto" [22], e una volta che il contratto è scaduto cessa anche la possibilità di accesso ai documenti. Riferendo dell'esperienza con i periodici elettronici al MIT, Duranceau et al. affermano che la biblioteca dovrà passare da un "repository model" ad un "gateway model", fornendo così risposta alle esigenze degli utenti attraverso l'accesso remoto piuttosto che tramite il materiale conservato in loco [23]. Non è però chiaro se l'archiviazione degli e-journals sarà a carico delle singole biblioteche, o degli editori, o ancora di consorzi di biblioteche, né è chiaro il modo in cui tale archiviazione dovrà avvenire, e se sarà possibile per tutti i periodici (e chi, eventualmente, effettuerà la scelta). [24]

Delle tre ipotesi, quella di affidare l'archiviazione elettronica dei periodici alle singole biblioteche è forse la meno praticabile, a causa dei costi e dei mezzi tecnici necessari. Anche l'ipotesi di un'archiviazione affidata agli editori degli e-journals lascia alquanto perplessi, sia per le scarse garanzie di accesso permanente ai documenti (l'editore può interrompere la pubblicazione del periodico, o addirittura cessare la propria attività), sia per la storica attitudine degli editori a creare e distribuire informazione, piuttosto che ad archiviarla. La terza possibilità, che affida l'archiviazione ad uno sforzo di cooperazione tra varie biblioteche che creino un archivio centralizzato di periodici elettronici, è forse la più convincente, e assicura il vantaggio dell'autenticità e della permanenza dei documenti, garantendo la possibilità di migrare in maniera uniforme verso altri formati man mano che i progressi tecnici renderanno obsolete le attuali tecnologie [25].

Anche in tema di catalogazione l'esplosione dei periodici elettronici è destinata a modificare le abitudini dei serials librarians. Il problema non investe tanto il "come" (tra l'altro, l'edizione italiana delle ISBD (ER) è di prossima uscita), quanto il "cosa" e, prima ancora, il "se" catalogare. Fino ad oggi, infatti, l'oggetto dell'attività catalografica dei bibliotecari sono state le pubblicazioni, intese come un insieme inscindibile di opera e supporto fisico, possedute dalla biblioteca. Un e-journal, invece, e più in generale ogni pubblicazione elettronica ad accesso remoto, è, dal punto di vista del catalogatore, un'opera priva di supporto (anche se, come osserva Riccardo Ridi, i documenti elettronici "non sono ... immateriali, perché anche gli elettroni sono materia" [26]), fatto questo che determina una forte rottura rispetto all'oggetto classico della catalogazione (il problema ovviamente non si pone per altri tipi di pubblicazioni elettroniche, come ad esempio i CD-ROM, dotati di una loro specifica fisicità). Né d'altra parte sembra possibile aggirare il problema della catalogazione, se non in una prima fase, quando gli e-journals da gestire sono relativamente pochi, limitandosi a mettere a disposizione degli utenti pagine web contenenti l'elenco dei periodici elettronici accessibili dalla biblioteca: man mano che i titoli aumentano, crescono in proporzione la difficoltà e la pesantezza della ricerca, evidenziando l'inadeguatezza di uno strumento elementare come il semplice elenco. In ogni caso, dopo aver deciso di procedere alla catalogazione di questo tipo di materiale, non è facile stabilire che cosa includere nel catalogo: soprattutto nei confronti dei periodici a libero accesso, infatti, il rischio è quello di inseguire la chimera del controllo bibliografico universale.

Un primo discrimine per l'inclusione/esclusione di un e-journal nel catalogo della biblioteca potrebbe essere costituito dalla possibilità o meno di accedere al full text, ovverosia di accedere, in mancanza del supporto fisico, almeno all'opera nella sua interezza, unita al fatto che l'accesso sia in qualche modo legato a dominio e IP address della biblioteca. Se infatti decidessimo di includere tra i periodici elettronici catalogati anche quelli che contengono solo indici, o al massimo abstracts (magari rimandando per il testo completo all'edizione su carta), o ancora quelli che sono accessibili da qualunque postazione, sia interna che esterna alla biblioteca, correremmo il rischio di trasformare il catalogo in una sorta di bibliografia.

Questa soluzione, che probabilmente permetterebbe un'assoluta coerenza e trasparenza nella scelta degli e-journals da includere nel catalogo, comporta però il rischio di escludere dal catalogo stesso pubblicazioni magari importanti, ma che hanno il "difetto" di essere ad accesso gratuito. L'alternativa, che richiede però un impegno assai gravoso, è quella di coinvolgere i bibliotecari in un'attività di cernita dei periodici elettronici (e più in generale delle risorse elettroniche) che si vogliono catalogare scegliendo titolo per titolo, indipendentemente dalle modalità di accesso, basandosi solo sul loro valore scientifico e sulla loro congruità rispetto alla collezione.

Accanto a questi cambiamenti nelle attività quotidiane, chi si occupa di periodici dovrà affrontare anche un più generale ripensamento del proprio ruolo, alla luce delle nuove esigenze determinate da questa fase di transizione.

Sarà necessario gestire il passaggio, che non si annuncia di breve durata, da un sistema basato sui soli periodici su carta ad una situazione mista, in cui gli e-journals acquisteranno un peso crescente senza però determinare la scomparsa del supporto cartaceo. Si dovranno pertanto affrontare sia i problemi relativi alla gestione del nuovo tipo di pubblicazioni, sia quelli legati all'attività di informazione e assistenza agli utenti, necessaria a rendere familiari le risorse elettroniche ad una larga fascia di pubblico. Sarà inoltre utile che il serials librarian partecipi attivamente non solo alle attività che garantiscono l'accesso ai documenti, ma anche alla pianificazione della costruzione e sviluppo dei web. Osserva Marlene Monoff che la struttura stessa dei web li rende utilizzabili soprattutto come strumenti per il browsing, mentre possono essere deludenti se vengono usati per recuperare materiale specifico senza sapere dove questo materiale si trovi esattamente [27]. La ricchezza di informazioni disponibili online rischia di andare a scapito della rilevanza e della coerenza dei dati recuperati (il richiamo che mortifica la precisione): fornire un migliaio di documenti in risposta a una domanda dell'utente non necessariamente significa offrirgli un buon servizio. Sarà quindi utile che i bibliotecari dicano la loro su come i web vengono organizzati e strutturati, garantendo un controllo di qualità preventivo per potersi poi proporre ancora una volta, come già per il materiale cartaceo, quali mediatori tra l'universo dei documenti da un lato e le esigenze informative degli utenti dall'altro; altrimenti, dovranno continuare ad adattarsi agli sviluppi tecnologici imposti da altri. Se poi le istituzioni accademiche decideranno di uscire dal circolo vizioso a cui accennavamo in precedenza riappropriandosi delle opere prodotte al loro interno tramite la pubblicazione in proprio in forma elettronica, allora il contributo dei serials librarians acquisterà un'importanza particolare, e finirà per influire sul processo informativo in maniera globale, dalla fase della produzione dei testi a quella della loro fruizione.

Osserva Czeslaw Jan Grycz che "l'ideogramma cinese per il concetto di crisi è costituito da due ideogrammi distinti, uno dei quali significa pericolo, l'altro opportunità" e che ciò descrive perfettamente la situazione che i bibliotecari stanno vivendo [28]: si tratta di una sfida stimolante anche se difficile, aperta a varie possibilità, che se ben affrontata potrà valorizzare le competenze specifiche della nostra professione.

E anche sulla natura dei periodici elettronici occorre spendere qualche parola, dal momento che, come osserva Claire Dygert [29], "nell'ambiente elettronico il concetto stesso di serialità sta cambiando", trasformandosi in qualcosa che potremmo definire "dinamismo": numerosi periodici, infatti, in virtù di aggiornamenti quotidiani, possono ormai definirsi "continuous publishing"; e gli stessi e-journals che per ora conservano una periodicità simile a quella delle edizioni tradizionali, liberi dai vincoli imposti dal supporto cartaceo, potranno decidere di aggiornare il loro contenuto man mano che arrivano i nuovi contributi, anziché attendere la scadenza prestabilita. Per non parlare poi delle monografie che, in virtù della possibilità di essere aggiornate e corrette in ogni momento (e non è detto che ad ogni piccolo cambiamento corrisponda una dichiarazione di nuova edizione), potrebbero diventare delle vere e proprie works in progress, con tutti i problemi di stabilità e quindi di filologia del testo elettronico che ciò comporta.


NOTE
1 Joseph J. Branin, Mary Case, Reforming scholarly publishing in the sciences: a librarian perspective, "Notices of the American Mathematical Society", 45, n.4 (1998), p.478

2 Judy Luther, Making the most of electronic journals. Library and secondary publisher perspectives, "The serials librarian", 28, n.3/4 (1996), p.312

3 Lee Ketcham, Kathleen Born, Unsettled times, unsettled prices: 37th annual report, periodical price survey 1997, "Library journal", 122, (April 15, 1997), p.42-47

4 Joseph J. Branin, Mary Case, cit., p.481

5 Andrew M. Odlyzko, Tragic loss or good riddance? The impending demise of traditional scholarly journals, "Notices of the American Mathematical Society", 42, n.1 (1995), p.50-51

6 Joseph J. Branin, Mary Case, cit., p.482

7 Charles A. Schwartz, Restructuring serials management to generate new resources and services - with commentaries on restructurings at three institutions, "College and research libraries", 59, n.2 (1998), p.116

8 Andrew M. Odlyzko, cit., p.50

9 Ibidem, p.50

10 Ibidem, p.53

11 Janet Fisher, Traditional publishers and electronic journals, in Robin P. Peek, Gregory B. Newby (editors), Scholarly publishing: the electronic frontier, Cambridge (Mass.) - London, The MIT Press, 1996, p.237-238

12 Fytton Rowland, The need for management of electronic journals, ibidem, p.244

13 John H. Barnes, One giant leap, one small step: continuing the migration to electronic journals, "Library trends", 45, n.3 (1997), p.405

14 Claire T. Dygert, New challenges behind the sciences: the changing role of the serials librarian in the age of e-publishing, "Internet reference services quarterly", 3, n.3 (1998), p.9

15 Ibidem, p.8

16 John H. Barnes, cit., p.412

17 Cecilia A. Leathem, Issues in electronic journals selection and management, "Internet reference services quarterly", 3, n.3 (1998), p.18

18 Antonella De Robbio, I periodici elettronici in Internet, "Biblioteche oggi", 16, n.7 (1998), p. 41-42, oppure <adr.period.htm>

19 Jim Neal, Academic libraries: 2000 and beyond, "Library journal", 121, n.12 (1996), p.74

20 Charles A. Schwartz, cit., p.115-116

21 < http://www.jstor.org/about/>

22 Claire T. Dygert, cit., p.9

23 Ellen Duranceau et al., Electronic journals in the MIT libraries: report of the1995 e-journal subgroup, "Serials review", 22, n.1 (1996), p.55

24 Cecilia A. Leathem, cit., p.23

25 John H. Barnes, cit., p.413-15; Antonella De Robbio, cit., p. 47

26 Riccardo Ridi, Biblioteche in rete e biblioteche virtuali, "Biblioteche oggi", 16, n.8 (1998), p.22

27 Marlene Monoff, Revolutionary or regressive? The politics of electronic collection development, in Robin P. Peek, Gregory B. Newby (editors), cit., p.223-224

28 Czeslaw Jan Grycz, Serials librarians in the 21st century and what to teach them, "Serials review", 22, n.2 (1996), p.31

29 Claire T. Dygert, cit., p.11

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