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ISSN: 2283-303X

Alla prova del fuoco, il bibliotecario è salamandra, o semplicemente refrattario ?

Seminario "Distribuire e rendere accessibili le risorse informative: confronto fra soluzioni fuori dal mito". Bologna, Facoltà di scienze politiche dell'Università degli Studi di Bologna, 10-11 maggio 1995


di Eugenio Gatto (in linea da febbraio 2003)
pubblicato anche a stampa, in E.S. Burioni Ricerche Bibliografiche, CD-ROM e basi dati. Catalogo '96, 7a edizione, Genova, Burioni, 1995, p. 362-367.

"Era molto freddo: guardando innel fuoco, accaso vidde in mezzo a quelle
piu` ardente fiamme uno  animaletto come una lucertola, il quale si
gioiva in quelle piu` vigorose fiamme.  Subito avvedutosi di quel che
gli era, fece chiamare mia sorella e me, e mostratolo a noi bambini,
[...]"

Con indegno paragone, "da poi che m'e` impedito di fare, cosi` io mi son messo a dire"; ma non basta certo la mia condizione attuale di semplice osservatore a garantire oggettivita` e valore ad affermazioni che derivano da un'ormai arrugginita pratica in una professione che sembra tuttora ambigua, alla ricerca di un fragile e mobile equilibrio tra biblioteche e macchine. Considerate quanto dico, per favore, un primo intervento dalla sala, piu` che un contributo dal tavolo.

Questi due giorni di dibattito hanno ben esemplificato la situazione attuale: e, credo, anche per voi, che piu` di me avete visto e fatto, e correntemente usate questi strumenti. Gia` molte sono le differenze rispetto al panorama che la Commissione Universita` Ricerca dell'AIB ci aveva presentato in "Oltre la carta" (Firenze, ottobre 1992), riuscito convegno del quale vedo in questo un'ideale continuazione.

Egoisticamente, spesso (ed anche questa volta) non riesco a trattenere la domanda "E noi ?". La pongo innanzitutto a me stesso, e non so rispondermi con soddisfazione: ma, francamente, mi e` difficile credere che molte delle cose di cui ci siamo occupati siano "da bibliotecari" (come funziona un CD, o una rete di CD; quali siano i vantaggi tecnologici di certe tecniche informatiche rispetto ad altre; &c.).

Ancora qualche anno fa (cinque o sei) non ci sarebbe stata neppure occasione di dibattito: la maggior parte degli oggetti di cui si e` parlato rientra nella categoria delle opere generali o strumentali (opere fondamentali di riferimento, enciclopedie, repertori, bibliografie, cataloghi) rispetto a certi settori (uno, piu`, o tutti); se ne sarebbe occupata la sezione "consultazione" (laddove la biblioteca fosse abbastanza strutturata da avere quella sezione come entita` riconoscibile), e con criteri di scelta e di decisione fondamentalmente culturali ed economici: e forse senza troppe difficolta`, perche', data una certa disponibilita` di spesa, era piuttosto delimitato il campo degli strumenti che ci si poteva permettere di avere a disposizione degli utenti.

Quando possibile, la scelta dell'online era facilmente la piu` economica: soprattutto laddove in pratica fosse una non-scelta, perche' comportava investimenti iniziali irrisori a fronte di una offerta di fonti informative. Ed era facile riversarne i costi direttamente sugli utenti, visto che era il fornitore a contabilizzare; con un pagamento invariabilmente "a consumo" non era neppure necessaria una valutazione preventiva (se non per l'investimento, piu` o meno nascosto, consistente nelle persone necessarie a fare da intermediari).

Ma direi che (generalizzo grossolanamente) in quella veste la cosa non e` mai diventata prassi costante e naturale nelle biblioteche; probabilmente proprio perche' strumento anomalo: sia, rispetto ai servizi di biblioteca in genere, perche' a costo pesantemente evidente anche all'utente; sia, e marcatamente nel caso italiano, perche' tecnicamente disomogeneo (per gestione e uso) rispetto agli altri strumenti della biblioteca (spesso non automatizzata o solo in minima parte, e forse non chiaramente a beneficio diretto degli utenti: e quindi povera di esperienze ad abitudini nel gestire in quel modo i dati propri).

Era quindi ben possibile una distinzione piuttosto netta tra vispe salamandre (nelle biblioteche, soprattutto dedicantesi all'uso, piu` che alla produzione, di questi strumenti) e una maggioranza alquanto refrattaria; ma si trattava di una distinzione piuttosto artificiosa, voluta, ed accentuata forse piu` del necessario: nell'autolimitazione intrinseca a questo modo di funzionamento, c'era ben poca possibilita` di scottarsi, per nessuno.

Ed abbiamo qui visto che ben poco e` cambiato nell'online, che continua tuttora all'incirca in questo contesto.

Molto altro e` cambiato: ma, paradossalmente, oso dire che tocca poco i bibliotecari: CD-ROM (in parte) e Internet (molto piu`) non sono, e non vogliono essere, cosa da bibliotecari, ma direttamente da utenti. Mi sembrerebbe scorretto, e professionalmente perdente, assumerci sistematicamente (ad esempio) funzioni di intermediazione all'uso di Internet in se', o anche solo di addestramento agli utenti (intermediazione che potrebbe forse sembrare temporanea, ma in realta` da ripetersi poi indefinitamente, ad ogni cambiamento di utenti e di tecniche).

Se vogliamo mantenere un insieme di servizi equilibrato nelle nostre biblioteche, credo che ora ci convenga costringerci ad essere tutti un pochino "refrattari"; anche se l'atteggiamento di distacco implica ora comunque (e necessariamente, in un quadro generale che non possiamo ne' creare ne' scegliere) contenuti tecnici che prima poteva piacerci pensare delegabili a qualcuno di noi soltanto.

Puo` essere faticoso: ma in un contesto in cui l'interrogazione a macchina (che' di questo si tratta, in fin dei conti) e` strumento a disposizione di tutti gli utenti, e in tutte le sue varieta`, il bibliotecario non puo` essere da meno. Puo` essere deludente: perche' gli strumenti disponibili sono "da utente", nella gran maggioranza dei casi, e difficilmente un bibliotecario puo` aggiungere alcunche' per far meglio o di piu`: ma puo` (e deve) riuscire ad essere un po' piu` smaliziato ed avveduto di una parte almeno dei suoi utenti.

Non sono certo primo ed unico a notare un eccesso di semplificazione "a favore" dell'utente negli strumenti correntemente disponibili. Non so se altri condividano questa sensazione, ma temo che per il momento quelle tecniche acquisite (per alcuni) nell'information retrieval, e che sembrerebbero poter costituire una facilitazione iniziale, non sono riutilizzabili se non in piccola parte, e ci ritroviamo tutti tranquillamente alla pari: a livello di utente, fondamentalmente.

Personalmente, non posso negare una certa delusione (metodologica), che non considero affatto compensata dall'abbondanza di materiale disponibile: che, anzi, facilmente gia` ora puo` risultare "eccesso", se perdura il difetto, universalmente riconosciuto, di metodi ragionevolmente uniformi e non effimeri di catalogazione, ordinamento, selezione.

Qualche anno fa, nel campo dell'automazione di biblioteca, consideravo dignitoso porsi come obiettivo minimo quello di riuscire a fare a macchina "non peggio" di quanto le buone biblioteche sapessero fare senza macchina (e non so in quanti casi ci siamo effettivamente riusciti). Il mio incontenibile pessimismo (che non mi deriva certo dalle inerti macchine, ma dai poco brillanti usi che riusciamo a farne) mi porta ora quasi a chiedermi se e quando, nel campo dell'interrogazione e della selezione, riusciremo a fare "non peggio" di quanto si facesse dieci anni fa.

Tutto cio`, comunque, si riferisce soltanto (per quanta attivita` e iniziativa richieda da parte nostra) al versante "passivo" del nostro mestiere: prendere atto delle nuove forme in cui l'editoria presenta informazione, e metterla a disposizione dei nostri utenti a condizioni bibliotecarie (cioe`, in quantita`, in modi e a costi globalmente piu` favorevoli di quelli che il singolo individuo otterrebbe dal mercato). Ma c'e piu` di questo: le reti ci offrono la possibilita`, non piu` fantascientifica, di informare meglio i nostri utenti su quanto le nostre biblioteche offrono loro, e anche di allargare il bacino d'utenza potenziale (con i connessi rischi di impatto sugli effettivi servizi fornibili, qualora manchi adeguata coordinazione ed esplicito accordo per una ripartizione di oneri).

Anche volendo trascurare gli effetti pratici dell'ampliamento di "visibilita`" delle nostre biblioteche (che pure sono lo scopo per cui desiderare questa evoluzione), si tratta comunque di una inevitabile complicazione del quadro tecnico in cui ci muoviamo. Per affrontarla, mi pare che potremmo adottare qualche suggerimento da quanto si usa attualmente nell'informatica (sul piano delle idee, intendo, prescindendo dalle piu` o meno ammirevoli applicazioni pratiche che vediamo).

Per quanto non abbia (e forse non possa avere) una rigorosa e puntuale applicazione pratica, e` idealmente ben accettato il modello stratificato, e mi parrebbe piu` che logico tentare di trasporlo, quale buona (se non unica) possibilita` di controllare, almeno parzialmente, il nostro lavoro. Ma, curiosamente, sembra prevalente l'idea che la stratificazione debba essere tenuta nascosta, come artificio tecnico che serve soltanto per la macchina (cosa da informatici, in somma): e resta ricorrente per le biblioteche la richiesta, o pretesa, di "sistemi integrati".

Mi pare indubbio che ciascuno di noi abbia, in un dato momento e per un dato problema, un sano atteggiamento olistico: ma, su un periodo neppur troppo lungo, attivita` e scopi inevitabilmente si diversificano, ed un modello stratificato potrebbe ben aiutare a venirne a capo (una semplice scorsa alle 600 pagine che Ranganathan ha dedicato alla Library administration puo` forse convincere chiunque che una biblioteca, indipendentemente dalla sua dimensione, e` un chiaro esempio di complessa diversificazione).

Ma allora, per quel che riguarda le macchine, quello di cui abbiamo bisogno in biblioteca non e` affatto qualcosa di semplice, monolitico, univocamente risolutivo: ma un qualcosa di complesso, qualcosa che probabilmente si tenderebbe a classificare tra i sistemi operativi, piu` che tra i software applicativi; tanto da dover rinunciare forse, per ora, anche all'idea che possa avere un aspetto accattivante.

All'attuale stato dell'arte, mi sembra che la possibilita` realistica (non dico che sia disponibile) debba esser quella di un insieme di funzioni disgiunte, che l'utente usi per strutturarsi liberamente un qualcosa che a lui stesso risulti integrato (volutamente confondo qui "utente" e "bibliotecario": se si tratta di tecnologia informatica, siamo tutti utenti, a meno che non abbiamo cambiato mestiere). Chiaramente, accetto anch'io ben volentieri che la parola magica sia "integrazione": ma forse la associo ad obiettivi e soluzioni tecnologiche che vorrei il meno possibile "integralisti".

E` in un contesto del genere che mi pare allora necessario che ci occupiamo di normativa (innanzitutto a livello conoscitivo, cioe`, in prima istanza, non da normatori, ma da utenti di norme, consapevoli e selettivi): una normativa che fondamentalmente ha lo scopo di inserirsi all'interfaccia tra i diversi strati, per renderne possibile l'effettivo funzionamento (forse a prima vista la norma "fa parte" di uno strato: ma credo sia facile accorgersi che nasce quasi sempre, e non da oggi, per "accordare" due strati diversi).

La normativa viene normalmente presentata in una prospettiva di economie (consistenti economie) di scala: ed ha quindi senso affidare istituzionalmente funzioni di questo genere ai server, e molti esempi abbiamo avuto in questi giorni esattamente in questa direzione; si tratta ben spesso di soluzioni "proprietarie": grossi insiemi di dati, che tendono a presentarsi in modo unitario, ed hanno un intrinseco potere di costituire esempio (e prassi, piu` che norma) a se' stante.

Diverso e' il nostro interesse, e probabimente si tratta ormai di necessita` vitale per un'esistenza credibile dei nostri sistemi in un contesto tanto ampliato e vario. Il panorama bibliotecario di cui noi facciamo parte ha esattamente caratteristiche opposte: se le nostre biblioteche (noi stessi) devono essere attori, se vogliamo effettivamente rendere disponibili i nostri dati (nostro prodotto fondamentale, che difficilmente suscitera` mai tanto interesse commerciale da entrare nel mercato dell'informazione) abbiamo probabilmente soprattutto bisogno di una ragionevole autonomia di strutturazione, che consenta sia di avere economicamente risultati (in termini di servizio) sul fronte interno (i nostri utenti), sia di convivere senza contraddizioni insanabili sul fronte esterno (che sembra poter essere il mondo intero). A meno che non crediamo che la strada del gigantismo sia l'unica vincente, abbiamo bisogno non di ulteriori grossi sistemi integrati, ma piuttosto di un grosso (numeroso, vario) insieme di funzioni di interfaccia (conversione, adattamento, normalizzazione) che ci metta effettivamente in grado di comporre modularmente sistemi integrati (a misura nostra e della nostra utenza) a partire dal disintegrato e disomogeneo insieme di fonti cui possiamo attingere, per essere a nostra volta fonte possibile per una cooperazione efficace.

Non so immaginare, attualmente, quale risposta questo possa avere, e lascio a voi la valutazione se sia esigenza generale, e quanto sentita. Ricordo soltanto che gia` una volta, dieci-quindici anni fa, siamo stati (piu` o meno consenzientemente) refrattari, quando si trattava di automazione delle biblioteche; mi spiacerebbe che tra dieci anni dovessimo riconoscere che non abbiamo avuto parte significativa neppure in questo successivo passo, della disponibilita` dell'informazione al di fuori dei muri della biblioteca fisica.

D'altra parte, non so chi potrebbe per noi far le veci di Giovanni Cellini, con metodi bruschi abbastanza da suscitare riflessi pavloviani a situazioni che certamente continuano a richiedere da parte nostra cospicui investimenti d'intelligenza e buon senso:

"[...]  e mostratolo a noi bambini, a me diede una gran ceffata, per la
quali io dirottamente mi missi a piagnere. Lui piacevolmente
rachetatomi, mi disse cosi`: - Figliolin mio caro, io non ti do per male
che tu abbia fatto, ma solo perche' tu ti ricordi che quella lucertola
che tu vedi innel fuoco, si e` una salamandra, quali non s'e` veduta mai
piu` per altri, di chi ci sia notizia vera - e cosi` mi bacio` e mi
dette certi quattrini."

[La vita / Benvenuto Cellini ; a cura di Guido Davico Bonino. - Torino : Einaudi, 1973. - (Nuova Universale Einaudi ; 149). Il brano in epigrafe e in chiusura (I,IV) a p. 13; la citazione iniziale dall'Introduzione, p. VI (orig. dall'Oreficeria)]

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